In breve tempo Piazza SS. Annunziata divenne nostra. Parlo della banda di ragazzi che tutti i giorni, a meno che non piovesse, ne prendeva possesso. All'inizio eravamo una decina, quasi tutti provenienti da Via Laura, dove abitavo anch'io, e da Via Gino Capponi, la strada che fiancheggiava il lato destro della Chiesa dirigendosi a nord ed ai Viali di Circonvallazione. Ben presto peró altri ragazzi che vivevano a sud della piazza, Via dei Servi e Via degli Alfani principalmente, si aggiunsero al gruppo originale, formando cosí una banda considerevole, ma sopratutto rumorosa. L'etá andava dai 12/13 anni giú fino ai ragazzini di 7/8 anni ed io ero uno di questi.
Ovviamente il pallone occupava il primo posto nella graduatoria dei giochi preferiti, ma spesso c'erano degli inconvenienti. Innanzitutto solo uno di noi, il Vettori, era propretario di un pallone e se lui non veniva, chiaramente, mancava anche la materia prima. Inoltre i palloni di quell'epoca erano di cuoio con una camera d'aria all'interno e quello del Vettori era piuttosto malridotto. Ragion per cui, spesso e volentieri, si bucava e la riparazione si portava via il resto del pomeriggio.Un'angoscia infinita.
Un secondo gioco che piano piano guadagnó il favore di molti di noi, fu la battaglia con le cerbottane. Per chi non lo sapesse, le cerbottane sono dei tubi diritti di metallo con un' apertura di 7/8 mm. di diametro. I proiettili sono fatti con striscie di carta di giornale di ca. 20 X 5 cm. Si arrotolano su di un dito e poi, tirandone un'estremitá, si crea un cono la cui punta deve assere insalivata bene per mantenere la forma. Quando la punta é secca si introduce il cono nel tubo, o cerbottana, fino a che ne entra e si toglie via la carta in esubero. Il proiettile é pronto all'uso, per spararlo basta portare la cerbottana alla bocca indirizzandola verso il bersaglio che si vuole colpire (l'alzo balistico lo si acquisisce con l'esperienza) e soffiar via il cono di carta con il maggior fiato che si puó. Solo che un proiettile serve a poco, per una battaglia come dico io ne occorrono diverse decine ed un buon combattente lo si riconosce dal numero di proiettili prefabbricati che ha infilati nei capelli. Una specie di Rambo ante litteram.
Di norma la battaglia si combatteva dividendoci in due bande e chi veniva colpito era eliminato, ma questa era una noia terribile, perché in quel caso ti toccava stare a guardare gli altri fino all'ora di tornare a casa. Era quindi quasi una norma negare di essere stati colpiti: ”Va'ia Speroni, un'diciamo bischerate, t'a beccato la colonna, miha me”.
Ricordando adesso i miei compagni di allora mi son reso conto che non ne conosco nessuno col suo nome proprio. Non so se succede anche al giorno d'oggi o se é un'usanza esclusivamente fiorentina o toscana, fatto sta che a quei tempi ci si conosceva e ci si chiamava solo usando il cognome: ”Ciao Fabbri” ”Ehi Speroni, ho incontrato il Vettori e il Giglioli poco fa, e' m'hanno detto che ci si ritrova tutti sotto casa del Grassellini alle tre”.
Un'altro gioco, o meglio una birichinata, che ci divertiva molto era far fare i botti al tram. Piú che un gioco era piuttosto la conclusione eroica di una giornata faticosa e veniva messa in opera all'imbrunire. In questo modo il conducente non aveva possibilitá di prevedere cosa lo stava aspettando. Inoltre, la luce isolata all'interno del tram ci dava una visione piú chiara dei risultati della nostra operazione. Compravamo in cartoleria dei rotolini di carta arancione ideati per le pistole ed i fucili giocattolo e che avevano incorporati, a distanza di un centimetro circa l'uno dall'altro, una ventina di piccoli petardi. Nelle pistole o nei fucili era il loro piccolo congegno a molla che, azionato dal grilletto, batteva sul petardo e lo faceva esplodere. Noi invece distendevamo l'intero rotolino sulla rotaia e aspettavamo nascosti l'arrivo del tram. Quando questo arrivava e la ruota di ferro passava sopra il rotolino sembrava la raffica di una mitragliatrice. Il risultato era che i passeggeri all'interno si spaventavano parecchio cosí come il conducente che, passati i primi secondi di silenzio, cominciava a sbraitare alla piazza vuota ”delinquenti, manigoldi, io non ce l'ho tanto con voi, quanto con i vostri genitori che vi lasciano liberi. Incatenati vi dovrebbero tenere” e noi a ridere come pazzi nascosti dietro al Brunelleschi.
Ai giochi qui sopra descritti altri, quali nascondino, cencino molle, acchiappino etc. ebbero estemporanea pratica nei due anni circa che io ed i miei amici passammo in Piazza SS. Annunziata e cioé fino al giorno in cui, all'improvviso, Padre Pietro entró nelle nostre vite.
Fine del pezzo nr. 3
sabato 28 luglio 2007
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